stare bene

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Ragazze e ragazzi, avevo promesso di non rompervi i cog****i almeno in vacanza, ma purtroppo anche dal Regno Unito sono stato assalito e stuprato da un’ispirazione.
Che nulla, tra l’altro, ha a che vedere o deve al Regno Unito in sè.
Avrei preferito disquisire della naturalezza con cui le coppie omosessuali girano mano nella mano e si scambiano sguardi baci e carezze in ogni angolo e strada della città, senza che nessuno storca il naso tipo bigotte anni ’60 in Chiesa la Domenica.
Sarebbe stato ancora più appagante spender parole costruttive ed edificantissimissime su tutti gli svariati, a volte impensabili, episodi d’amore che si vedono e ci si gusta nei momenti di stallo che si hanno durante le giornate frenetiche, all’insegna della corsa per la metro di qua, piuttosto che per l’attraversamento pedonale di là, il quale con il timer giallo che veloce scorre dal 12 allo 0, ti proietta constantemente in una realtà tipo film di James Bond, dove se non corri rischi di esser schiacciato dalla fila interminabile di mezzi di trasporto in attesa del semaforo verde.
Il set è quello, siamo a Londra; cambiano solo gli attori.
Per non cadere nello scontato e dire che potrei parlarvi della bellezza della City e diventare, scrivendo un off-topic, il tripblogger che non sono.

No.

Non sono qui per parlarvi di nessuno (e maledetto cazzo porco purtroppo) degli argomenti sopracitati.

Son qui perchè oggi mi è capitato di leggere questa frase, che era al maschile ma ho modificato:
il fatto è che tu mi hai travolto all’improvviso, senza che io potessi fermarti. Ti sei infilata nella mia testa come se ci fosse la porta aperta, come se qualcuno ti avesse detto di entrare. Il fatto è che però nessuno ti aveva invitata, ma tu lo sapevi che dovevi arrivare. E in fondo lo sapevo anch’io“.

E ho immediatamente pensato, assorbito dalla bellezza delle luci di questa città avvolta nella sua esclusiva ed umidissima notte che altro non può fare se non alimentare il mio animo romantico, che questa è la classica frase che vorrei ripetere a memoria alla persona capace di farmi sentire bene.
Quella grazie alla quale sarei in grado di scrivere un articolo al giorno (per la vostra gioia o meno).
Quella che dove mi giro mi giro, nonostante le 200mila pseudo-modelle che calcano le vie della City, vedo lei e solo lei e nient’altro che lei ovunque.
Quella che è quella giusta.

Ecco, io vorrei fare una domanda molto semplice a qualcuno che si senta di rispondermi e prendersi carico di un povero idiota come me:
Perchè?

Perchè complicità e rispetto non possono coesistere nella stessa frase?
Perchè felicità e tranquillità non posson convivere nello stesso momento in cui si parla di entrambe?
Perchè se un’ora prima ti senti Usain Bolt, quella dopo devi per forza per qualche legge della compensazione di sta gran funcia, mutare il tuo stato d’animo in quello di un bradipo distrofico?
Perchè non esiste mai un equilibrio tra le parti emozionali che si vivono nei periodi di legame tra il “ciao mi chiamo” ed il “vienimi a prendere alle 8 a casa”?
Perchè lo stare bene è una condizione più labile che stabile?
E, come ultima cosa poi vi lascio:
perchè stare bene è una cosa che per esser raggiunta deve farci stare così male?

Io sapevo che la legge del contrappasso di Dante fosse un enorme quanto innovativo valore letterario da lui concepito, ma limitato all’inferno e contestualizzato al 1200, 1300 o 1400 che fosse ora non mi ricordo e non ho testa di googlarlo.

Mi sa che devo ricredermi.

Ho capito e provato in prima persona che stare bene è una condizione talmente effimera che come tutte le cose effimere, è orgasmica.
Una vita per raggiungerlo, un attimo per assaporarlo, e poi si è di nuovo punto a capo e alla sua ricerca.

Per stare bene bisogna stare il triplo male.

Nonostante mi senta pronto a farmi ancora almeno più del triplo del triplo del nervoso fatto fino ad ora, proprio perchè mi voglio così bene, non sono uno che molla a meno che non mi sparino al cuore (e forse potrei sopravvivere e continuare a far quello che credo sia giusto per me) e son sicuro di quel che sto facendo aspetto fiducioso qualche anima pia che mi aiuti.

Buona giornata, io provo a non pensarci.

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fida(nza)rsi è bene, fidarsi è meglio

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Di frasi dette o sentite dirsi, che accomunano la maggior parte degli esseri umani, penso ce ne siano alcune più famose delle canzoni di Beyoncé.
Ma quella che chiunque di noi, ormai ex piccoli bambini ingenui che dovevano esser formati e scalpellati dal martello dei genitori o dei nonni che fossero in modo da diventare ai loro occhi e per il loro orgoglio la miglior statua che mai avessero potuto scolpire, ha sentito pronunciata con la voce di mamma o papà almeno una volta, secondo me rimarrà sempre:
“non accettare le caramelle da uno sconosciuto”.

E sia che le accettassimo disobbediendo e dando via al turbinio di trasgressioni che avrebbero poi dato un’identità alla nostra adolescenza, sia che rifiutassimo anche il minimo saluto da parte di qualcuno che non faceva parte della nostra sfera affettiva seguendo quindi i consigli di chi identificavamo come coloro in grado di dare un nome ad ogni nostra paura ed una risposta ad ogni nostra domanda infantile e adolescenziale poi, ognuno di noi è cresciuto con il “?” stampato sulle facce delle persone che non conoscevamo.
Guardinghi.
Con le mani sempre avanti.
A volte con il timore infondato verso il prossimo.
E la paura di ciò che per noi era sconosciuto, persone o cose che fossero.

Scavallato questo periodo di transizione in cui dalla sicurezza genitoriale si passava quindi al gasatissimo raggiungimento di un’indipendenza affettiva, ognuno si sentiva in grado di poter valutare da solo chi far entrare a far parte della propria vita e a chi dare così confidenza e fiducia.
È il classico periodo in cui si formavano le amicizie e le fratellanze non di sangue.
Spesso e volentieri andando contro il giudizio dei genitori.
Grazie a questi legami ci sentivamo pronti ad andare in guerra contro tutto e tutti.
L’amicizia ci dava quel senso di onnipotenza e di non necessità di nient’altro che quella.
Pensavamo che il superamento di un problema dipendesse solo da un amico.
I problemi non erano problemi se avevamo un amico o un’amica a fianco.
Pensavamo che non ci servisse altro che questo.

Ma eravamo adolescenti, non avevamo esperienza di vita, eravamo solo delle 500 con il motore di una Ferrari e con mezza tacca di benzina.
Tutta l’energia che ci sentivamo addosso, amici o meno a fianco, non sapevamo ancora come usarla al meglio.
Ci sentivamo in possesso di ogni strumento, ma non disponevamo dei mezzi adatti.

E proprio questo bisogno di acquisire consapevolezza nei nostri mezzi in modo da convogliare le energie nel giusto canale ci ha portati allo step successivo.

Quello dove più o meno mi trovo adesso e dovrebbero trovarsi i 20-30enni come me.

La rivalutazione dei propri bisogni, i primi piani un pò più a lungo termine.
Quelle scelte che con un amico si fanno, ma non per forza si fanno assieme.
Siamo consapevoli e certi che un vero amico sarà sempre al nostro fianco e ci sosterrà nelle nostre scelte, o magari ci farà ragionare se prendessimo decisioni avventate e insensate.
Ma non sarà più con noi come da bambini in bicicletta per il paese tutto il giorno tutti i giorni, sempre assieme in simbiosi.
Arriva quel momento in cui le strade personali si dividono e vanno verso la formazione del singolo individuo all’interno di una socialità già salda, ma comunque in continuo sviluppo ed espansione.
Individuo che sarà influenzato e veicolato dal suo passato condiviso e vissuto sempre con qualcuno a fargli da appoggio, nonostante si trovi adesso su una strada da percorrere da solo.
È quel momento in cui abbiamo bisogno di conoscere il Mondo, di andare oltre la piazzetta che è stata la nostra comfort zone per anni e in cui ci sentivamo più al sicuro che in un bunker anti-atomico.
Un momento in cui sentiamo la necessità di conoscere persone nuove, una ragazza, un datore di lavoro, un socio in affari.
La strada verso la vera indipendenza personale ed affettiva di ogni persona.

E qui dobbiamo rifare i conti con il terrore inconscio e mai rimosso del “nuovo” e ovviamente con la paura nei confronti dello sconosciuto.

Perchè per quante esperienze possiamo aver avuto, per quanti problemi possiamo aver affrontato nella nostra vita da piazzetta, adesso siamo da soli.
Potremmo chiedere tutti i consigli di questo Mondo a chi fa parte del nostro cerchio della fiducia, ai nostri genitori, ai nostri amici, ma saranno comunque scelte che dovremmo prendere in autonomia.
Adesso dobbiamo mettere in pratica tutto ciò che abbiamo imparato guardando e vivendo le persone di cui ormai ci fidiamo ciecamente da anni.

Così come abbiamo imparato a muoverci per i vicoli di un paesino, interpretando gli stimoli che le persone ci mandavano e grazie ai quali abbiamo imparato a discriminare tra chi “ispira fiducia” e chi “non ispira fiducia”, così dovremo fare per le strade a 5 corsie delle metropoli in cui ci troviamo ora.

La nostra comfort zone sapremo sempre dove trovarla, da lì se tutto va come deve non si schioderà mai.

Sta solo a noi farla conoscere a qualcuno che ne valga la pena e che voglia lui per primo o lei per prima entrare a farne parte.

Magari sarà una persona che darà la svolta al raggiungimento della nostra indipendenza.
Magari ci potremo fidare di questa persona nonostante l’abbiamo conosciuta da grande e non da pischelli in fermento e in cerca spasmodica di alleati con cui andare a suonare dei campanelli.
Magari sarà questa stessa persona a fare di tutto per far si che ci possiamo fidare di lei come ci siamo sempre fidati dei nostri amici di infanzia.
Magari questa persona sarà più di un’amica, e sarà tutt’altro che amica. Ma ci fideremo di lei se ce lo permetterà e farà capire.

Sta a noi capirlo.

Sta a noi iniziare a pensare di accettare una caramella da uno sconosciuto con tutte le carte in regola per cambiare la sua condizione nei nostri confronti.

È un Mondo fatto per aver a che fare con chi davvero vuole aver a che fare con noi.
Un Mondo talmente pieno di persone sconosciute e che tali rimarranno, che quando una persona davvero mostra un interesse mai visto o provato prima nel conoscerne un’altra bisognerebbe prendersi il rischio e disobbedire a ciò che ci dicevano mamma e papà quando eravamo bambini.

Un Mondo fatto per combattere per qualcuno che non conosciamo ancora ma che vogliamo a tutti i costi.

Un Mondo fatto per non stare da soli.

Vuoi continuare a proteggerti dagli altri o vuoi iniziare a farti proteggere da qualcuno?

Salti tu salto io, giusto?

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Ti voglio, ma come vuoi tu

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Spesso sappiamo che dovremmo ammazzarla di insulti, riprenderla e farle notare che le cose non vanno sempre come vorremmo e come dovrebbero.
Dovremmo dirle che a volte ci facciamo del nervoso senza un senso.
O meglio, un senso e forse più di uno lo ha e noi per primi sappiamo benissimo di che senso si tratti.
Dovremmo incazzarci più spesso e sbottare, lanciare il telefono e mandarla a quel paese magari, invece che non rispondere e far passare il momento.
Vorremmo che non sparisse per delle giornate intere.
Vorremmo che ogni tanto fosse lei a chiederci di fare qualcosa, se non altro per la soddisfazione di dirle di no.
Anche se un “no” detto da noi lo sentirà davvero poco, più o meno come noi sentiamo dire “si” da lei.

La odiamo quando ci dà degli esagerati, perchè se siamo esagerati la colpa è solo sua o di chi l’ha fatta come è.

E perchè magari di esagerata c’è solo lei nell’accezione più positiva del termine.

La cancelleremmo dal telefono quando ci dice che siamo scontati, perchè di scontato c’è solo quanto sia unica e quanto ci siamo rincoglioniti per questo motivo.
Vorremmo che non ci fosse nessuno al Mondo che la veda come la vediamo noi, che pensi di lei quel che pensiamo noi e che voglia da lei quel che vogliamo noi.
Vorremmo quasi che non fosse così bella come è realmente, che non avesse quei due occhioni grossi come palle da bowling e che per questo motivo fanno sempre strike, o quel sorriso bianco come neve che quando mette in mostra, appunto, fa ghiacciare il sangue nelle vene.
Vorremmo vederla e sentirla sempre felice e contenta, con pochi dubbi e piena di certezze, fiduciosa nel prossimo, senza blocchi nel chiedere aiuto, conforto, o anche solo di andarla prendere a casa una sera.
Vorremmo che una volta si vedesse con i nostri occhi e si giudicasse con la nostra testa.
Vorremmo che ci credesse quando le diciamo che ci imbamboliamo e diventiamo degli ebeti in sua presenza, reale o virtuale che sia.

Vorremmo averla conosciuta molto molto prima.

Vorremmo e dovremmo.

Ma non vogliamo e non dobbiamo.

Non vogliamo, perchè se siamo così con lei è solo ed esclusivamente per come lei è con noi.
Non vogliamo, perchè quando conosciamo una persona prima di tutto dobbiamo pensare al suo passato che non conosciamo, esser consapevoli che sarà stata di sicuro plasmata dagli eventi che ha vissuto prima di noi e quindi vivere con la certezza che siamo solo un’aggiunta più o meno importante al suo libro già pieno di capitoli.
Una pagina da inserire in uno dei tanti, o se siamo fortunati e lo meritiamo, la prima pagina di un nuovo capitolo, ma senza la pretesa assoluta di essere il primo e tantomeno l’ultimo.
Non vogliamo, perchè ci piace così e nessuno ci tiene il fucile puntato o ci costringe a fare quello che facciamo.
Non vogliamo, perchè noi per primi sappiamo di non volerlo.

E non dobbiamo soprattutto.

Non dobbiamo perchè il bello di una persona è esser ciò che è senza adattarsi a chi ha di fronte cambiando i suoi modi di fare.

“Abbracciala e stalla a sentire, anche se ripete cento volte la stessa paura.
Abbi pazienza e abbi amore.
È tutto lì”.

Spesso e volentieri in situazioni simili mi piace dire che “se ci si deve prendere e addirittura innamorare di qualcuno lo si deve fare per ciò che questa persona è, e non per ciò che noi vorremmo che fosse”.

Sennò ci innamoreremmo solo di noi stessi, forse neanche di quelli.

Perchè di perfetto c’è poco e niente al Mondo.

E anche se già ci sentiamo rimbombare in testa la frase “ma tu non mi conosci”, siamo delle teste di cazzo e glielo diciamo lo stesso senza problemi, come ogni altra cosa che le abbiamo detto e che continueremo a dirle in futuro:

“forse qualcosa di molto vicino al perfetto l’ho trovato.
Altrimenti avrei voluto tutto il resto”.

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Perdersi

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Ci si perde.

In un bicchier d’acqua.
Per strada.
In città.
In macchina.
A piedi.

E negli occhi.

Perdere non è mai bello è vero, lo insegnano fin da piccoli nonostante si cerchi di mascherare il tutto con la frase-minchiata:
“l’importante è partecipare”.

Ma quando mai?
Perdere fa schifo, punto.

Però se proprio dovessi scegliere di perdere, se fossi costretto a dovermi rassegnare a perdere in vita mia, allora lo vorrei fare dentro due occhi.
Perchè mi è successo, ed è stato unico.

Quasi ipnotico.

Perdersi negli occhi è incredibile, perchè non per forza devono appartenere a qualcuno che conosciamo.
Non per forza quei due occhi devono avere una voce a noi famigliare.
Quei due occhi non per forza devono guardarci.
Basta un solo incrocio, quel mezzo secondo di sguardo fisso, ed uno ci si perde dentro.
Partono una serie di impulsi e sinapsi che cari, costosi e luminari neuropsichiatri levatevi proprio.

Basta.
Sei perso là dentro e non ne esci manco se ti lanciano una corda o se mandano una squadra di recupero.

Perso.

E non ti interessa se magari questi occhi non hanno il fisico di Belen Rodriguez.
Poco importa se li devi guardare dall’alto al basso perchè sono alti 1 metro e 60.
Non è un problema se a volte ti guardano con aria permalosa e acida.
Puoi sopravvivere nonostante si prendano periodi sabbatici, Domeniche di riposo e sparizioni inaspettate e lunghe giorni.
Non ti riesci a ritrovare e, forse, ti ci perdi ancora di più quando tergiversano o ti accorgi che sono occhi che guardano anche altrove.

E poi vai oltre.

Perchè quando ormai ti sei perso in qualcosa di così illegalmente bello, decidi, soprattutto percepisci e addirittura ti arrendi alla idilliaca idea che perdersi sia stata l’unica cosa giusta che avresti potuto mai fare.
E che quindi perdere non è poi così brutto come ti hanno sempre fatto pensare.

Quindi, perso in un Mondo dal quale non vorresti mai uscire, scendi di poco.
Giusto 5 centimetri.

E trovi davanti a te un sorriso da copertina.
Non da copertina marroncina che hai sul letto, ma da copertina di qualche rivista di moda.
E anche se sotto quel sorriso indosserebbe jeans e Stan Smith o una semplice tuta da casa, un viso del genere sarebbe in grado di rendere invisibile ogni altra cosa esistente, outfit non da rivista di moda compresi.
Ma a me di quello che pensa la moda non me ne frega niente.

Lei è perfetta perchè è semplice, acqua e sapone e senza bisogno di tacchi o vestitini per attirare l’attenzione.
Le basta il sorriso.
È perfetto, bianco come il latte, smagliante nonostante la metà delle volte sia coperto dalla linguaccia che tira fuori quando le scattano delle foto.
O quando se le autoscatta, soprattutto.
È un sorriso che unito a quei due occhioni potresti riconoscere in mezzo a 10mila persone.
Non è così scontato abbinare occhioni e sorrisoni, e quando capita le cose sono due.

O hai di fronte qualcosa che ti ha fulminato o sei fulminato.
Non posso dire con certezza cosa sia, la cosa sicura è che di colpo di fulmine si tratti.

Rimani quindi basito e rincoglionito se la hai davanti, un ebete di fronte alle sue foto.
Come un bambino davanti all’ingresso di DisneyWorld.
Come un 25enne che realizza il suo sogno americano all’uscita della fermata della metro a New York, che rimane 10 minuti con la testa all’insù ad ammirare ciò che aspettava da una vita, in silenzio e con un tornado di emozioni dentro.
Forse questa è la metafora più adatta a spiegare cosa ti sia successo la prima sera che hai incrociato il suo sguardo e sei rimasto due ore a fissarlo, facendoti sgamare come un idiota senza che ti importasse.

Se anche avessi avuto dei dubbi sugli occhi, ora ne sei sicuro.
Sei perso del tutto.

Quindi ti fai avanti, dopo un pò e cercando un qualche pretesto.
E inizi ad averci a che fare.
E scopri che quei due occhi senza una voce e quel sorriso di cui non conoscevi il motivo, hanno ben più di un perchè.

Sono di una ragazza che è tutto quello che hai sempre sperato di trovare proprio mentre ne conoscevi una.

Una ragazza con voce bassa sensualissima che ascolteresti ore.
Una che dice sempre di no ai tuoi complimenti, ma senza dirti che arrossisce.
Una che non dice mai grazie, ma sempre che esageri, perchè altrimenti andrebbe contro la sua vocazione del non dimostrare nulla a nessuno.
Una ragazza autoritaria, ma sempre alla ricerca della certezza che una sua qualità sia reale e che tu te ne sia reso conto.
E anche se così non fosse te ne renderesti conto dal numero di volte che ti tira la frecciatina per sentirsi dire quello che vuole o quello che ancora non le stai dicendo.

Una principessa con i pantaloncini da calciatore.
Tutto quello che hai sempre sognato di trovare.

E che adesso speri di poter continuare a far ridere e stupire nei modi meno scontati e noiosi che conosci o che, ancora meglio, non conosci e scoprirai con il tempo.
In particolare grazie a quello che lei riuscirà a tirar fuori da te.
O a farti tirar fuori.

Gioco a calcio, e perdere è un verbo che chiunque pratichi sport vorrebbe cancellare dal proprio dizionario.

Ma vi posso assicurare che per la prima volta ho perso davvero volentieri e con il sorriso.

Ora però è arrivato il momento di vincere.

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Chi non ti vuole (non) ti merita.

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Chi non ti vuole non ti merita.

Penso sia una delle frasi più paracule mai scritte o inventate.
Perchè se ci pensiamo bene dire che una persona che noi vorremmo non ci merita perchè non ci vuole, equivale a dire che una persona è povera perchè la ricchezza lo evita.
O che una squadra di serie A non lo mette in rosa perchè, nonostante evidenti capacità di natura sportiva o umana, non lo merita.

E per me son solo cazzate.
Anzi, sono grandi scuse.

Scuse alle quali si fa ricorso quando non si vogliono fare i conti con una realtà cruda o triste.
Scuse che, secondo gli “usurai” di questa frase, dovrebbero farti sentir meglio e sollevato di fronte all’ennesimo due di picche preso da una persona, di fronte alla centesima volta in cui non vieni scelto e al posto tuo vedi un altro per mano con quella lei che tu avresti voluto, ma che ha scelto un altro perchè lo preferisce a te.

Spiegatemi perchè una persona che sceglie un altro al posto tuo non ti merita.

Magari sei tu che non meriti lei.
O magari, e questo è come la vedo io, tu la meriti ancor di più solo perchè continui a volerla, nonostante tutto.

E poi parliamoci chiaro.
Quando conosciamo una persona e iniziamo ad averci a che fare, prima di capire se è lei che meriteremmo o meno, sappiamo solo di volerla o di averla voluta tantissimo.
E basta.
Dei meriti ce ne facciamo tanto come di un paio di scarponi da sci al mare.

Una persona la si vuole quando e se ti piace e la si vuole e basta.
Non servono tanti giri di parole, tante filosofie.
Potresti meritare Emily Ratajkowski, ma se agli occhi delle persone sei considerato uno che non vale la pena volere, Emily la continuerai a guardare su Instagram cercando persone che ti tratteranno come uno 0 e che se la tireranno 100 volte più di lei.
Proprio da 0 a 100 in meno di 3 secondi.

La frase andrebbe rivista.

Chi non ti vuole è perchè non ti vuole“.

Tutto il resto che la natura lessicale italiana ti permette di cambiare e render meno doloroso, sono solo scuse.

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Non sono nato imparato.

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Ho imparato che non serve essere più magro, grosso, con i capelli corti o lunghi, tatuato o meno, abbronzato, elegante o sportivo.
Ho imparato che non serve cercare perchè tanto ognuno sa da chi vuole essere trovato.
Ho capito che chi si lascia non lo fa per cambiare, ma solo per prendersi del tempo da destinare a qualche distrazione sessuale o serale.
Tanto il 90per100 non durano più di 1 mese da “lasciati”.
Ho capito che tanto si punta sempre agli stessi e che se una ha la possibilità di andare con un ragazzo, non andrà sicuramente con uno dei tanti e che la scelta cadrà sempre su qualcuno degli “eletti”.
Ho capito che se a 30 anni si pensa ancora a far serata e sfondarsi e lo strano sono io che non ho per il cazzo di certe cose perchè spero in altro per dare un senso alla mia vita,
significa che davvero è giusto che rimanga solo.

Spero solo che i miei sogni li realizzi qualcuno che lo meriti.

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eSTATE un pò come volete

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Perchè non chiedo mai un caffè che non sia quello normale?
Perchè non chiedo mai un’acqua minerale, ma gasata o naturale?
Perchè non chiedo mai un thè freddo, bensì un thè freddo alla pesca o al limone?
Perchè non chiedo mai una birra alla spina, ma una birra piccola o media alla spina?
Perchè non chiedo mai variazioni rispetto alle 50 cose che leggo su un menù?
Perchè non chiedo mai qualcosa che tra quelle stesse 50 non ho letto?
Perchè non chiedo mai di esser spostato in un tavolo diverso rispetto a quello in cui sono messo da un gestore di un locale?
Perchè nello stesso tavolo in cui mi hanno messo aspetto a sedermi in modo che il cameriere possa prepararlo e pulirlo senza fare il contorsionista?
Perchè non metto ansia?
Perchè non ho fretta?
Perchè non chiamo il cameriere per ordinare subito senza manco aver letto il menù facendolo aspettare 10 minuti i cazzi miei?
Perchè non lo stresso se aspetto 2 minuti un piatto che solo per la cottura ce ne mette 10?
Perchè se per sbaglio mi arriva un piatto diverso da quello che ho chiesto non mi lamento e lo mangio lo stesso senza protestare e farlo mandare indietro?
Perchè l’acqua o qualsiasi cosa bevo va sempre bene come temperatura e non chiedo ghiaccio?
Perchè non pago mai 1€ di caffè con 100€ in carta?
Perchè non mi lamento di quanto pago qualcosa dal momento che ho letto il prezzo a caratteri cubitali prima di ordinarla?
Perchè non mando a fanculo se non c’è posto dove vorrei andare a mangiare?
Perchè non sto seduto 3 ore dopo aver finito di mangiare facendo stare chi lavora ad aspettare i cazzi miei per chiudere?
Perchè non vado a dire che uno non fa un cazzo rispetto a quel che faccio io?
Perchè non dico a nessuno che senza i soldi che gli porto io morirebbe di fame o vivrebbe sugli alberi?
Perchè non dico mai che “da me costa meno”?
Perchè non passo davanti nelle file?
Perchè non bestemmio in coda al supermercato dove invece che 346 casse come a Milano ce ne sono solo 4?
Perchè non devo mai avere nulla che non quadra e mi deve andar bene tutto quando sono io in vacanza?
E perchè mi devo far rompere i coglioni da quando inizio la mattina alle 9 fino alla sera che finisco a mezzanotte o l’una che sia, così senza motivo con richieste che manco se le studiassi riuscirei a formulare?

Perchè? Me lo sapete dire?

Mi fermo perchè potrei andare avanti per ore.
Quindi, non è vero che noi liguri siamo scorbutici di natura, ci adattiamo solo agli scassacazzi con cui ci troviamo ad aver a che fare quotidianamente e a nastro senza limiti alcuni.
Che pensano di esser la nostra ragione di vita, serbatoio unico e solo di guadagno annuale e vitale e che si comportano di conseguenza prendendosi privilegi di ogni tipo, tanto senza di loro vivremmo davvero sugli alberi.
Iniziate quindi a pensare che siate anche voi, non tutti ci mancherebbe, a rompere spesso i coglioni senza accorgervene.

Magari è un buon monito per l’estate che verrà.

Detto questo con il sorriso sulla bocca, buona fine estate e buon rientro a casa a tutti.
Alla prossima stagione, tanto è una ruota che gira.

Martin Garrix, 130. Km di coda.
SI VOLAAAAAAAAAAAAAAAA 😍

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La ex-forza è la debolezza

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La forza di un ex è direttamente proporzionale alla sfiga del suo partner passato.

Io non sono mai andato in vacanza con una mia ex.
Non ci sono mai andato a cena.
Non ne ho mai fatto uso per tagliare una nuova persona.
Non l’ho mai trasformata in qualche ente mistico che condizionasse la mia vita sentimentale futura e con una nuova persona.
Non mi sono mai permesso e manco immaginato di menzionarne l’influenza, inesistente per altro, di fronte ad una nuova persona.
E non mi sono mai neanche immaginato di uscire con una ragazza solo per riempire un vuoto.

Perchè ogni volta che ho chiuso con una persona e ho voluto aver a che fare o son stato pronto dopo un pò di tempo a conoscerne con un’altra, ogni mia ex non esisteva più e con lei ogni minimo indizio di vincolo sentimentale.

Con questo non dico che sia vietato ri-aver a che fare con un ex, così come non è perseguibile il così chiamato ritorno di fiamma.

Dico solo che quando si lascia, prima di far del male a qualcuno che magari nulla mai potrà centrare con una storia passata e tantomeno avrà mai motivo di portarsi appresso un fardello simile, che mai sarà paragonabile ad una persona del vostro passato e che di sicuro non avrà nessuna colpa se rispetto a questa avrà delle mancanze di qualsivoglia natura, pensate a quanto siete disposti a combattere voi per primi.

Perchè certe decisioni non sono prese da degli innamorati o inguaribili romantici.
Certe cose le fanno i deboli.

Lo dirò sempre, meglio solo e sfigato che schiacciachiodo a gettoni.

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Viviamo perché dobbiamo.

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Viviamo in una società nella quale crea più scompiglio e spirito 68ino la cessione di un 18enne alla seconda stagione in una squadra di serie A considerato già bandiera della dinastia societaria manco fosse Gesù Cristo risorto, paragonandolo a giocatori con la G maiuscola di ere ormai passate, e che prima di esser considerati tali avevano vestito la maglia della loro squadra almeno 300 volte e non 30.

Una società nella quale chi fa un incidente perché sotto effetto di alcool o sostanze stupefacenti è innocente e la colpa è del muretto che ha attraversato la strada o dell’albero che si è spostato di colpo senza metter la freccia.

Un Mondo in cui se si vede qualcosa di incustodito su un tavolo, tipo soldi, occhiali, cellulare o chissà cosa, ci si sente in diritto di appropriarsene in quanto lasciato lì, magari per un minuto, mentre tu sei andato in bagno.

Una Nazione dove ti obbligano a fare il biglietto del treno a bordo con maggiorazione di minimo 50 euro perché dalla biglietteria risulta tutto prenotato, e poi un momento che sei in viaggio scopri che più della metà delle carrozze siano vuote e non riservate.

Paesi in cui ci sono più buche nelle strade che macchine che le percorrono e ratti in giro rispetto che persone, ma con autovelox tarati sui 30 all’ora che manco se tengo la macchina spenta riesco ad andare così piano.

Luoghi dove puoi solo immaginare come sarebbe bello fare una passeggiata, perché così come ci entreresti chissà in che modo ti farebbero uscire.

Un Mondo in cui quando in una coppia uno dei due fa le corna all’altro o all’altra la colpa non è mai la sua, ma della persona con cui lui o lei ha tradito il partner.

Un Mondo in cui chi fa le cose fatte bene, ci prova o comunque ci crede, si vede sempre declassato e surclassato da chi le cose le fa come c***o vuole.

A vivere siamo comunque vincolati e costretti, la vita è un dono e va vissuta al meglio delle nostre possibilità. Dipende da noi come e in che modo.

Io ho smesso di guardare e sentire gli altri, guardo me e basta, sento le mie emozioni e le mie vocine interiori. Gli altri li faccio parlare.
Se faccio bene e del bene il merito sarà mio allo stesso modo dell’eventualità nella quale dovessi far male.

Continuerò a ripeterlo per sempre:
“non puoi scegliere di non soffrire a questo Mondo però puoi scegliere per chi soffrire. E a me piace la mia scelta”.

Anche se non di sofferenza ma di modo di affrontare la vita si tratta.

Buona serata.

 

 

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